Le colline che si estendono tra Valdobbiadene e Conegliano, da più di ottocento anni, ospitano la coltivazione della vite. La storia di un vino, soprattutto se di origine antica, è intimamente legata non solo alla terra che lo produce, ma anche agli uomini e alle donne che con esso sono cresciuti. Terra, clima, vino, usi, costumi, tradizioni: questo, nel suo insieme, è il vero significato di "terroir".
Le colline di Valdobbiadene e Conegliano sono state aggraziate dal lavoro modellante dell'uomo, che nel corso dei secoli ha saputo disegnare la tessitura di un paesaggio incantato.
Sono colline dall'aspetto leggiadro da cui si ottengono vini gentili. Una storia secolare che improvvisamente, nel recente 2009, ha ricevuto uno scossone. Per una scelta esclusivamente di politica economica, prosecco non è più la vite che da ottocento anni ha trovato dimora ideale su queste colline, ma è diventata una denominazione estesa su nove province tra Veneto e Friuli.
Territori privi di storia, dove la coltivazione della vite non è tramandata di generazione in generazione dalla sapienza dei vecchi, ma ha assunto una visione principalmente industriale.
Tutto ciò ha generato una situazione caotica, dove la semplice distinzione tra "prosecco" (vino prodotto nei territori creati nel recente 2009) e "prosecco superiore" (vino prodotto nelle colline storiche di Valdobbiadene e Conegliano) non è sufficiente per trasmettere una precisa identità.
Oggi la parola prosecco è diventata generalizzante, con il rischio reale di banalizzare e cancellare la secolare storia e vocazione delle colline di Valdobbiadene e Conegliano. Per questo riteniamo che sia fondamentale iniziare una comunicazione diversa, dove l'identità territoriale sia fortemente presente e non confondibile.
Col Vetoraz, dalla vendemmia 2017 ha deciso di togliere la parola prosecco da tutte le etichette e da tutta la comunicazione, utilizzando solo la denominazione "Valdobbiadene docg", essendo questa l'unica e vera identità territoriale.